Jean-Auguste-Dominique Ingres (1780 – 1867) nacque da una famiglia borghese e, dopo aver compiuto i primi studi a Tolosa, si trasferì nel 1797 a Parigi, dove ebbe l’opportunità di studiare presso l’atelièr di David. Nel 1801, a soli ventun anni, vinse il Prix de Rome, grazie al quale poté recarsi in Italia per un soggiorno finalizzato ai suoi studi che si protrasse ben più del dovuto: vi rimase infatti venticinque anni, quattro dei quali trascorsi a Firenze. Tornato in Francia, nel 1825, fu eletto membro dell’Accademia delle Belle Arti, divenendone professore nel 1829. Tra il 1834 e il 1841, soggiornò nuovamente in Italia, precisamente a Roma, in una sorta di esilio volontario nato come reazione alle varie critiche che gli vennero rivolte. Tornato poi in Francia, non ebbe subito fortuna, forse per la sua passione per il Rinascimento italiano. Ingres, contrariamente ai desideri del pubblico del’epoca, scavalcò il Romanticismo e la sua mostra sull’Esposizione Universale del 1855 lo dimostra. Nel 1862 fu eletto senatore. E, poco dopo la sua morte, avvenuta a Parigi nel 1867, fu onorato con una mostra di molte centinaia di opere.
Secondo Baudelaire, Ingres era “l’unico uomo in Francia [che sapesse fare] davvero dei ritratti”. Ed è infatti attraverso essi che si manifestò principalmente la grandezza di Ingres come artista. Ingres non imitava la realtà, ma trasponeva nelle sue opere le immagini mentali e ricche di profonde implicazioni psicologiche che ideava semplificando a tal punto il disegno da renderlo a volte persino bidimensionale.
Quando Ingres era ancora agli inizi della sua carriera, ritrasse tutta la famiglia Rivière in tre splendide tele, la più celebre delle quali è sicuramente quella del 1805, raffigurante la giovane Caroline Rivière, figlia di Sabine e Philibert Rivière.
La fanciulla, di appena 13 anni e morta poco dopo il completamento dell’opera, è vista di tre quarti e inquadrata in una cornice ad arco, come una Santa medievale. Le linee di contorno sono molto nitide ed esse, unite all’effetto dato dal colore steso a campiture piatte, conferiscono alla sua figura un effetto fluido ma altresì piatto e bidimensionale.
L’immagine, ad un primo impatto, risulta sconcertante, perché troppo perfetta per essere naturale. Ma ad una seconda e più accurata analisi, si nota come l’anatomia della giovane Mlle. Rivière quasi non esista: tutti gli elementi sono irregolari e inesatti perché volti alla ricerca di una bellezza astratta e pittorica. Il viso tondeggiante è sorretto da un collo troppo esile, le spalle sono fin troppo strette e dall’innaturale andamento ad esedra, il seno troppo alto e il busto troppo corto. Gli indumenti che porta, di un bianco abbagliante, richiamano la purezza dell’adolescenza e, allo stesso tempo, annunciano quella stessa femminilità che appare nel ritratto della madre ma che, purtroppo, Caroline non conoscerà mai. La sensualità della ragazza è nascente, e non affermata. E la posa che ella assume, per quanto sinuosa, non ha la caratteristica di sensualità lasciva che si intravede invece in quella di Sabine Rivière.
Tutta l’opera è permeate di una luce accecante, forse troppo per i critici contemporanei di Ingres, abituati, sì, a vedere abiti chiari nei ritratti di fanciulle di buona famiglia, ma non a paesaggi così ariosi e luminosi: le palette che generalmente gli artisti usavano per gli sfondi dei ritratti erano infatti più scure.
Caroline indossa un abito stile impero il cui corpino, evidenziato da un nastro in seta, presenta uno scollo tondo non troppo profondo, reso ancora più casto, rispetto a quanto non sia invece quello quadrato e provocante di Madame Riviére, dal velo di tulle che le copre il petto. Le maniche sono arricciate in entrambi i ritratti, ma nell’uno, quello della madre, lasciano trasparire in modo sensuale la pelle; nell’altro invece, quello della figlia, la stoffa cela interamente le spalle e le braccia, a loro volta, sono nascoste da morbidi guanti in pelle dai quali si intravedono appena le dita. L’andamento serpentino del boa in pelliccia, simbolo di un certo prestigio economico, richiama quello della stola della madre, per quanto in modo meno eccessivo e sontuoso.
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